IL CASO

Modem libero, Assoprovider si appella a Mattarella: “Mancato rispetto della legge”

L’associazione denuncia violazioni da parte di alcune compagnie telefoniche a danno dei cittadini, nonostante la sentenza del Tar del Lazio e la normativa Ue sulla libera scelta del router a casa. E fa ricorso al Presidente della Repubblica

Pubblicato il 19 Feb 2020

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Le regole sul cosiddetto modem libero non vengono rispettate: questa la denuncia di Assoprovider, l’associazione dei Provider indipendenti, che ha scelto di fare un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la mancata applicazione delle leggi, nazionali e comunitarie, sulla libertà di scelta del router per la connessione a Internet e la diffusione del segnale in WiFi all’interno delle abitazioni e la libertà di accesso alla Rete.

Secondo Assoprovider, siamo “di fronte a un’ingiustizia che continua a perpetrarsi da parte di alcuni player della telefonia a danno di alcuni cittadini.  Questi ultimi nei loro contratti continuano a pagare le rate del modem, malgrado l’ultima sentenza del Tar del Lazio abbia confermato il loro diritto di usare un modem alternativo, senza essere costretti a usufruire di quello del proprio operatore telefonico”.

La strategia di Assoprovider tra diritti e banda larga

Il ricorso di Assoprovider chiama in causa anche la Presidenza del Consiglio e il Ministero dello Sviluppo Economico e soprattutto Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che avrebbe dovuto vigilare “sugli atti di recepimento del Regolamento comunitario in tema di libertà di scelta da parte dei consumatori dell’apparato terminale di Rete”.

Il tema del modem libero resta una questione prioritaria per Assoprovider, conferma il presidente, Dino Bortolotto: “Assoprovider ha sempre combattuto sul fronte del Modem libero.  Abbiamo recentemente aderito, per esempio, alla coalizione per le libertà civili, Free modem alliance“.

Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, spiega ancora Bortolotto, “costituisce parte di una più generale strategia di Assoprovider, e di altri soggetti con i quali sono state avviate apposite interlocuzioni, diretta a porre l’attenzione sui diritti dei cittadini e delle imprese nel settore delle comunicazioni elettroniche, che comprende anche una stretta vigilanza sugli atti pubblici relativi all’assegnazione delle risorse in materia di banda larga.

Le decisioni del Tar del Lazio

“Le violazioni continue da parte di alcune compagnie telefoniche sulla questione modem libero sono ancora più gravi se si considera la recente sentenza del Tar del Lazio che ha confermato la tesi di Agcom (con la delibera 348/18 CONS), di cui Assoprovider è stato uno dei maggiori sostenitori”, si legge in una nota dell’associazione.

La delibera Agcom, che attua il Regolamento Ue n. 2015/2120 sul modem libero, regola le condizioni di fornitura e uso degli apparati terminali, quindi modem, router, access gateway, distribuiti dagli operatori agli utenti, e stabilische che gli utenti possano utilizzare per collegarsi alla rete un dispositivo di propria scelta, e non necessariamente quelle indicato o proposto dall’operatore.

Contro la sentenza del Tar che stabiliva  il “diritto [degli utenti] di usare un modem alternativo e non pagare più quello del loro operatore telefonico”, si erano appellati  Tim e Wind Tre, in un braccio di ferro che ha visto dall’altra parte Assoprovider, insieme ad Aiip.

La sentenza ha messo la parola fine solo momentaneamente alla battaglia con le telco, come confermava Fulvio Sarzana, l’avvocato “storico” che rappresenta le istanze di Assoprovider. “Questa è una vittoria da celebrare per due motivi: da una parte per i consumatori che potranno risparmiare, ottenendo modem a prezzi più contenuti. E dall’altra parte è una vittoria per i piccoli e medi operatori che possono essere più competitivi e abbinare nei loro servizi qualità alla convenienza”, ha detto Sarzana, ma aggiungendo che la strada da fare è ancora lunga.

Il 31 gennaio scorso il Tar ha in effetti “limato” la sua sentenza del 2018 accogliendo il ricorso di Tim e decidendo che gli utenti che recedono dal contratto di comodato d’uso con le telco per utilizzare un router a propria scelta non potranno tenere l’apparato, se non l’hanno utilizzato stabilmente, senza pagare un corrispettivo. La telco potrà quindi chiedere agli utenti “oneri aggiuntivi per la mancata restituzione” del modem, se i consumatori decidessero di recedere senza averlo utilizzato.

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