IL TAVOLO DEL GOVERNO

Rete unica, si apre la fase due. Meloni: “Controllo pubblico è l’obiettivo”

Nuove interlocuzioni a gennaio: il ministro Urso auspica una soluzione nell’interesse nazionale e nel rispetto degli investitori stranieri, alias di Vivendi. Il valore della rete, la questione del debito e la vendita degli asset: tre le principali questioni sul piatto. Da chiarire il ruolo di Cdp e di eventuali altri soggetti pubblici

Pubblicato il 29 Dic 2022

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Prudenza su questa materia. Tim è una società privata e quotata. Confermo che il Governo si dà il duplice obiettivo di assumere il controllo della rete e di lavorare il più possibile per mantenere i livelli occupazionali. Il resto lo lasciamo alla dinamica libera del mercato“: questa la risposta del presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa per la presentazione della Manovra 2023 appena approvata, in risposta alla domanda di un giornalista sul dossier rete unica.

Spero entro il 31 dicembre, saremo in grado di dare indicazioni sulla rete Tim. Tutto sempre perseguendo l’interesse nazionale nel rispetto degli investitori stranieri”: queste le parole del ministro delle imprese e made in Italy Adolfo Urso alla vigilia dell’ultimo tavolo dell’anno sulla rete unica e sul futuro di Tim. Un auspicio che evidenzia un percorso ancora “aperto” e che fa presagire tempi più lunghi per arrivare a una chiusura reale della partita. E infatti le interlocuzioni riprenderanno nel mese di gennaio.

Si apre la fase due del Tavolo

I rappresenti delle istituzioni presenti hanno proposto di aprire una seconda fase del Tavolo per approfondire possibili misure incentivanti per il settore, richiedendo nel contempo agli azionisti di formulare le proposte che gli stessi intendono mettere in campo per addivenire ad una soluzione finale, in un quadro condiviso e sostenibile”: questo il pasaggio cruciale della nota diramata a conclusione del quarto incontro del Governo tenutosi presso il Mimit che ha visto impegnati rappresentanti delle istituzioni (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale della stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero delle Imprese e del Made in Italy) e dei soci di Tim- Vivendi e Cassa Depositi e Prestiti.

“Il tavolo ha esaminato le possibili ipotesi di intervento in materia, tenendo conto dell’esigenza di assicurare, da un lato, i livelli di efficienza della rete, a controllo pubblico, e dell’altro di valorizzare le risorse umane impiegate nel settore”, si legge ancora nella nota. “Sono anche state approfondite le implicazioni relative alla concorrenza e al mercato, nell’ottica di un imprescindibile dialogo con le istituzioni europee al fine di garantire agli utenti le migliori soluzioni”.

Si aprono ora ulteriori attività di approfondimento nell’ambito delle quali verrà coinvolto il management di Tim.

La questione occupazione e la posizione dei sindacati

“Prendiamo atto delle dichiarazioni di poco fa del Presidente del Consiglio Meloni e troviamo francamente complicato far convivere le due azioni ovvero, una società della rete pubblica e la salvaguardia occupazionale degli oltre 40.000 dipendenti del Gruppo Tim e degli altrettanti occupati nell’indotto“, commenta il Segretario Generale della Uilcom Salvo Ugliarolo. “Riteniamo che tale operazione sia dannosa perché spazza via la quinta azienda privata del Paese, supera l’operatore verticalmente integrato che è il più grande operatore delle Tlc del Paese e contesto e tutte le sue grandi ricchezze tecnologiche e di servizi presenti al suo interno. Con questa operazione, si spezzetta valore e gran parte di esso viene consegnato ai privati. Certo si potrà avere una rete pubblica ma il resto viene messo sul Libero mercato mettendo anche circa 18.000 occupati attualmente. Ciò per noi vuol dire gestire potenzialmente migliaia di esuberi, lo abbiamo detto in vari contesti oggi lo vogliamo riconfermare perché il sistema ne abbia contezza e memoria”.

La posizione di Vivendi

Appena qualche giorno fa Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi, si è detto “grato a questo governo e in particolar modo al Mimit e al ministro Urso, e agli altri dicasteri competenti, per aver creato le condizioni e un clima sereno e costruttivo che accompagna il lavoro dei tavoli tra governo e azionisti di maggioranza di Tim, con l’obiettivo di trovare una soluzione condivisa che risponda agli obiettivi di Governo e che soddisfi tutti gli stakeholders nell’interesse del Paese”. Un clima considerato inoltre “propedeutico per considerare altri investimenti in Italia che possano suggellare la partnership tra Italia e Francia”. Dichiarazioni senza dubbio distensive rispetto al braccio di ferro che ha contraddistinto la fase dell’opa Kkr da 11 miliardi respinta al mittente un anno fa e che comportò il cambio al vertice dell’azienda con la nomina dell’Ad Pietro Labriola. Ma va ancora definito il perimetro dell’operazione rete.

Il ruolo dei fondi

I fondi infrastrutturali, a partire proprio da Kkr – che detiene il 37,5% in Fibercop (la wholesale company di Tim guidata da Carlo Filangieri che vede in campo anche Fastweb) – sicuramente avranno un ruolo chiave: determinante anche Macquarie, azionista di Open Fiber con il 40%, in particolare per avviare il progetto di “rete nazionale”- come l’ha definita il Sottosegretario Alessio Butti. E sarebbero in corso trattative anche con Gip (Global Infrastructure Partners).

Il ruolo di Cdp e l’ipotesi Invitalia-Infratel

Cassa depositi e prestiti resta il soggetto “privilegiato” a garanzia della governance pubblica, ma la questione del debito di Tim non consente a Cdp di entrare nella partita con una quota azionaria di maggioranza (attualmente Cassa è a circa il 10% in Tim e al 60% in Open Fiber). Fra gli altri soggetti papabile ci sarebbe Invitalia. E un ruolo potrebbe giocarlo anche Infratel: secondo rumors di stampa nella in house del Mimit capitanata da Marco Bellezza potrebbero confluire alcune risorse direttamente da Tim nella gestione del dossier occupazionale.

Il valore della rete e il debito spalmato su Netco e ServCo

Dai 30 miliardi di Vivendi ai 15 del memorandum Cdp: la forchetta è ampia e bisognerà trovare la quadra. Secondo quanto risulta a Corcom si starebbe lavorando a una cifra intorno ai 22-24 miliardi o comunque vicina alla soglia dei 20 miliardi e ragionando sulla questione del debito da spalmare in Netco (10 miliardi) e anche in ServCo (4 miliardi)  le due costole del piano di societarizzazione annunciato da Tim, per riequilibrare gli “oneri”.

Riflettori su Sparkle

La vendita della rete farebbe il paio con quella di Sparkle, l’operatore internazionale del Gruppo Tim che stando ai rumors potrebbe essere venduto a un soggetto pubblico, Cdp in testa.

Il modello Eni-Enel

“Le operazioni nazionali di mercato meglio riuscite sono state Eni ed Enel, dove lo Stato è rimasto socio di minoranza, mentre le aziende, guidate da manager maturati nelle competenze interne, sono diventate leader mondiali. Ernesto Pascale voleva per Tim simile operazione di mercato. Le Tlc non sono da meno dell’energia per un grande Paese. È il caso di sperare che questo governo compia una torsione europea, per un riassetto delle Tlc patriote, in linea con Spagna, Francia, Germania. C’è da augurarsi che la premier, anche questa volta, batta il colpo giusto” scrive in un suo intervento sulle pagine del Corriere della Sera Vito Gamberale, ex manager di Teleco Italia secondo il quale sia la vendita degli asset di Tim sia la separazione della rete dai servizi sono “stramberie”.

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