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Ban americano sul 5G, per Huawei e Zte si avvicina l’ora della verità

Conto alla rovescia per la decisione della Fcc, che include anche il divieto di accesso ai fondi pubblici alle telco americane che utilizzano apparecchiature cinesi. L’azienda di Shenzhen ha fatto ricorso in tribunale e sottolinea i rischi di ampliamento del digital divide nel Paese

Pubblicato il 07 Gen 2020

Patrizia Licata

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Sarà un gennaio cruciale per le sorti dell’attività di Huawei negli Stati Uniti come fornitore di attrezzature per le reti 5G: la società cinese, messa al bando dalle autorità americane per motivi di “cybersicurezza”, attende il verdetto finale della Us Federal communications commission (Fcc) sulla proposta di escludere il vendor dalla realizzazione delle reti mobili di ultima generazione. La proposta della Fcc, che include la connazionale Zte, vuole vietare alle telco americane l’accesso ai fondi pubblici per il finanziamento delle reti 5G (lo Us Universal service fund) se si approvvigionano dai fornitori cinesi, in pratica negando un prezioso sostegno finanziario i piccoli operatori telecom locali. Al momento è in corso la consultazione pubblica e gli interessati hanno tempo fino al 3 febbraio per inviare i propri commenti al regolatore.

Lo Universal service fund è un fondo pubblico che finanzia i progetti per portare la connettività ultra-veloce nelle aree meno servite degli Stati Uniti – tipicamente o le regioni rurali e meno popolose o i quartieri periferici delle città dove abitano famiglie a basso reddito. Se la proposta della Fcc verrà convalidata, non solo non saranno finanziate dal governo le attrezzature di rete cinesi, ma le telco che già hanno in uso attrezzature di Huawei e Zte dovranno sostituirle con quelle di fornitori diversi. Di fatto, è un bando totale ai prodotti delle due aziende cinesi.

Huawei ha fatto causa

La Fcc ha proposto il bando dei vendor cinesi dalle nuovi reti 5G fin da aprile 2018, sostenendo – in linea con la visione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che le attrezzature delle aziende della Cina espongono a rischi di spionaggio governativo e industriale da parte di Pechino. A ottobre 2019 la Fcc ha definito i termini del “ban” e sottoposto la sua proposta a consultazione pubblica; il dossier è in mano all’ufficio “sicurezza pubblica e sicurezza interna” (public safety and homeland security) della Fcc, che sta esaminando i commenti e procedendo alla valutazione.

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A dicembre Huawei ha presentato ricorso contro questa proposta della Fcc affermando che il regolatore “non corrobora le sue arbitrarie conclusioni con prove o solide argomentazioni e analisi” sull’attività di Huawei.

Nella petizione presentata alla Corte d’Appello del Quinto Distretto degli Stati Uniti, Huawei chiede al tribunale di ritenere illegale l’ordine della Fcc in quanto non offre a Huawei le dovute tutele processuali definendo Huawei una minaccia alla sicurezza nazionale.

“Mettere al bando un’azienda come Huawei, solo sulla base delle sue origini cinesi, non risolve le sfide poste della sicurezza informatica”, ha spiegato il Chief legal officer di Huawei, Song Liuping, in una conferenza stampa. Secondo Song sia il presidente della Fcc Ajit Pai sia altri commissari “non avrebbero presentato alcuna prova per dimostrare la loro tesi” ovvero che Huawei costituirebbe una minaccia per la sicurezza nazionale e hanno ignorato i fatti e le obiezioni sollevate dall’azienda e dagli operatori nelle aree rurali a seguito della proposta presentata per la prima volta dalla Fcc a marzo 2018.

Per Glen Nager, Lead counsel di Huawei, per l’azione legale la Fcc ha semplicemente adottato una norma inusuale che, per sua stessa ammissione, è stata progettata solo in funzione di Huawei e di un’altra società cinese. “La decisione adottata dalla Fcc – ha sottolienato Nager – va oltre l’autorità statutaria dell’agenzia, in quanto la Fcc non è autorizzata a emettere sentenze relative alla sicurezza nazionale o a limitare l’uso dei fondi Usf sulla base di tali sentenze. La Commissione non ha competenze o autorità nazionali in materia di sicurezza”, afferma Huawei.

Huawei ha sempre sostenuto anche che l’ordine della Fcc danneggerrà i residenti e le aziende che si trovano in aree remote e che sono in digital divide.

Doppio “ban” negli Stati Uniti

Huawei negli Stati Uniti è oggetto anche del bando votato dal dipartimento del Commercio ad aprile 2019: il provider cinese è finito in una black list di aziende per motivi di “sicurezza nazionale”. Le società americane non possono vendere i loro prodotti alle aziende nella lista nera commerciale se non ottengono dal governo un’apposita autorizzazione. L’entrata in vigore del bando è stata più volte rinviata; una nuova proroga è stata varata a metà novembre per permettere alle aziende americane fornitrici di componenti per Huawei di ricalibrare il loro business. Inoltre, il dipartimento del Commercio sta esaminando le centinaia di richieste di autorizzazione ricevute dalle aziende Usa che vogliono continuare a vendere a Huawei e ha iniziato a erogare le prime licenze, compresa quella a Microsoft.

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