LA RIORGANIZZAZIONE

Chip, la crisi si abbatte su Arm: annunciato il taglio del 15% del personale

Dopo la fallita acquisizione da parte della rivale americana Nvidia per 40 miliardi di dollari, il produttore britannico taglia i costi e procede con il piano B voluto dalla capogruppo SoftBank. L’obiettivo è l’Ipo

Pubblicato il 15 Mar 2022

Patrizia Licata

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Arm, il produttore britannico di chip, taglierà il suo personale di circa il 15% come effetto immediato del fallito takeover da parte della concorrente americana Nvidia.  L’accordo Nvidia-Arm, un deal del valore di 40 miliardi di dollari, è saltato a inizio febbraio quando SoftBank, proprietaria del chipmaker britannico, ha annunciato lo stop alla vendita a Nvidia dopo che i regolatori di Usa, Ue e Regno unito hanno espresso timori sulle ricadute della fusione sulla concorrenza e l’innovazione nel mercato dei semiconduttori.

Arm, che ha sede centrale a Cambridge, ha fatto sapere che i licenziamenti avverranno nel Regno Unito e negli Stati Uniti e interesseranno circa 1.000 figure su 6.500 dipendenti globali (di cui 3.000 in Gran Bretagna).

Il valore del deal trainato dalla crisi dei chip

“Come ogni altra azienda Arm passa costantemente al vaglio il suo business per assicurare che l’azienda abbia un corretto equilibrio tra opportunità e disciplina sui conti. Purtroppo questo processo include la proposta di licenziamenti tra la forza lavoro globale”, ha dichiarato Arm in una nota riportata dai media britannici.

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SoftBank, che ha comprato Arm nel 2016 per l’equivalente di 27 miliardi di euro, sta ora perseguendo l’opzione dell’Ipo.

Al momento in cui è stata proposta, a settembre del 2020, l’acquisizione di Arm valeva 40 miliardi di dollari sulla base del prezzo delle azioni Nvidia, ma alla fine dell’anno scorso il valore è raddoppiato a 8o miliardi grazie al boom del titolo del chipmaker americano, spinto da una domanda esplosiva cui l’industria dei semiconduttori non riesce ancora a far fronte. Se fosse andata in porto, la fusione Arm-Nvidia sarebbe diventata la maggior transazione nell’industria dei semiconduttori.

SoftBank mette in campo l’opzione dell’Ipo

Fin dall’inizio la proposta di takeover è stata ostacolata dai concorrenti nonché dai regolatori di Usa, Uk e Cina. L’operazione ha suscitato l’allarme anche di diversi clienti che dipendono per la produzione dei loro device dai chip di Arm, tra cui Microsoft.

In Gran Bretagna molti osservatori si sono espressi contro il deal, affermando che avrebbe impoverito le proprietà intellettuali di Arm, considerata un’eccellenza nazionale. A dicembre dello scorso anno la Federal trade commission americana ha minacciato di bloccare l’accordo, perché visto come un ostacolo all’innovazione, mentre l’Antitrust britannico ha addirittura avviato un’indagine per verificare che non fosse messa a rischio la sicurezza nazionale.

Ora SoftBank passa al piano B: l’offerta pubblica iniziale di Arm, che le permette di estrarre valore dalla controllata. Il gruppo giapponese riceverà intanto da Nvidia una penale per la rottura dell’accordo (break-up fee) di 1,25 miliardi di dollari.

Dopo il fallito takeover, su Arm si espresso il ceo di Intel, Pat Gelsinger. Nell’industria dei semiconduttori si parla da tempo di formare un consorzio, prima ancora che Nvidia proponesse di acquistare Arm da SoftBank. Gelsinger ha detto che Intel sarebbe felice di vedere Arm cimentarsi con un’Ipo o diventare di proprietà di un consorzio.

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