IL CASO

Jeff Bezos punta al cloud del Pentagono e si fa paladino degli Usa. Con tanto di stoccatina a Google

Montain View ha deciso di non partecipare alla gara Jedi “in nome della pace” a seguito delle proteste dei dipendenti mentre Amazon resta in sella “in nome della difesa degli Usa”. E lancia persino il j’accuse alla concorrente: “Le grandi tech company non possono voltare le spalle al Paese”

Pubblicato il 17 Ott 2018

Patrizia Licata

Axel Springer award ceremony
HANDOUT - 24 April 2018, Germany, Berlin: Amazon founder and owner of the "Washington Post", Jeff Bezos (R) sitting onstage with CEO of Springer, Mathias Doepfner, during the Axel Springer award ceremony. According to the media group, the award honours Bezos visionary entrepreneurship in the internet economy and the systematic digitalization strategy of the 140-year-old American newspaper. Photo by: Daniel Biskup/picture-alliance/dpa/AP Images

Jeff Bezos difende la partecipazione di Amazon nella gara d’appalto del governo americano per la fornitura di prodotti cloud al dipartimento della Difesa Usa. Gli Stati Uniti sono “un grande paese e devono essere difesi”, ha detto Bezos intervenendo al summit Wired25 organizzato dalla testata Wired a San Francisco, in California. Bezos replica così alla decisione di Google di ritirarsi dalla stessa gara d’appalto in quanto fornire le sue tecnologie al Pentagono potrebbe violare i valori dell’azienda, il cui motto è “Do the right thing”.

“Noi continueremo a sostenere” il Pentagono, ha assicurato Bezos, aggiungendo che “se le grandi aziende tech voltano le spalle al dipartimento della Difesa, il paese sarà nei guai”. “Uno dei compiti della top leadership è prendere le decisioni giuste, anche quando sono impopolari”, ha detto ancora Bezos.

Google ha annunciato la settimana scorsa l’abbandono dell’offerta per il contratto Jedi (Joint Enterprise Defence Infrastructure), una maxi-commessa decennale del valore di 10 miliardi di dollari per migrare sul cloud tutti i device e gli utenti del Pentagono in tutto il mondo. A giugno la stessa Google non ha rinnovato la collaborazione con il Pentagono per l’uso di intelligenza artificiale a scopi militari (progetto Maven): il contratto da 9 milioni di dollari siglato con il Dipartimento della difesa, in scadenza alla fine del prossimo anno, non verrà rinnovato. Il programma Maven sfrutta le piattaforme AI per analizzare le immagini catturate dai droni; definito “assolutamente inoffensivo” dai vertici di Google, è stato duramente contestato dai dipendenti che in una lettera aperta al Ceo Sundar Pichai hanno chiesto di abbandonare il progetto. I dipendenti si sono detti “oltraggiati” dal fatto che la compagnia stesse usando loro stessi e il software che avevano aiutato a sviluppare per sostenere un programma governativo che prevede l’uccisione di esseri umani attraverso l’uso di velivoli a pilotaggio remoto: “Non siamo nati per fare la guerra”, hanno scritto gli ingegneri di Mountain View.

Ora la polemica si sposta su Jedi. La gara per il cloud della Difesa aperta da mesi vede in lizza tutti i colossi tecnologici americani, anche se la Difesa ha indicato che intende affidare Jedi a un singolo fornitore, una linea che, per i concorrenti, equivale a favorire AWS (Amazon Web Serviceas). Amazon ha già un contratto con la Cia in ambito cloud (ottenuto nel 2013 e di durata decennale) e ha le necessarie certificazioni per gestire i dati Top Secret (“classified”).

Offerte per il progetto Jedi sono state presentate anche da Ibm, Microsoft e Oracle, che  hanno fatto lobby per convincere il dipartimento della Difesa (senza successo) a scegliere più provider (Oracle ha anche presentato protesta formale presso il Government Accountability Office, o GAO, sostenendo che la procedura di gara non è corretta in quanto non sufficientemente competitiva).

Google aveva presentato una sua offerta ma il pressing dei dipendenti ha convinto il management a fare un passo indietro. Anche i dirigenti di Microsoft sono stati criticati internamente per i legami con il Pentagono, tanto che, secondo alcuni analisti, il colosso del software potrebbe decidere di ritirarsi come fatto da Google.

Le polemiche interne potrebbe però finire col condizionare anche l’atteggiamento di Jeff Bezos: nemmeno i dipendenti di Amazon apprezzano i legami sempre più stretti tra la loro azienda e l’amministrazione Usa. Medium riporta che circa 450 dipendenti hanno inviato una lettera a Bezos chiedendogli di smettere di vendere alle forze dell’ordine il software per il riconoscimento facciale Rekognition, un sistema low cost offerto dalla divisione cloud Amazon Web Services e pubblicizzato come strumento che aiuta nelle indagini criminali. L’American Civil Liberties Union e altre decine di organizzazioni per i diritti civili hanno già chiesto uno stop dell’offerta del servizio Rekognition affermando che apre “a utilizzi scorretti, penalizzando in particolare le comunità di immigrati e afroamericani”.

Il segretario alla difesa Usa, l’ex generale James Mattis, corteggia i colossi hitech nazionali per avere tecnologie e servizi che aiutino il Pentagono a perseguire una delle priorità dell’era Trump: mettere l’intelligenza artificiale al centro delle nuove strategie belliche. La Difesa Usa sta anche creando un Joint Artificial Intelligence Center, un progetto avviato a giugno che prenderà forma definitiva nel 2019, assorbendo tra l’altro il progetto Maven sull’AI. Compito del centro è accelerare l’impiego dell’AI in ambito militare; userà inoltre le stesse tecnologie cloud del progetto Jedi, che unifica strumenti, accesso ai dati e servizi per l’intero dipartimento della Difesa Usa.

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