L'INTERVENTO

Più chance per il rientro di Google in Cina, ma servono patti chiari

Per il search engine e le aziende Usa si tratta di localizzare il servizio e tenere conto del “fattore regulation”, spiega Jixun Foo, uno dei primi investitori di Baidu. L’opposizione degli ingegneri americani: “No alla censura”

Pubblicato il 28 Nov 2018

Patrizia Licata

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Google può tornare a fare affari in Cina, ma deve accettare di adattarsi alle richieste del regolatore e del mercato locale per avere successo. Lo ha detto Jixun Foo, managing partner della società di venture capital GGV, uno dei primi investitori di Baidu, il motore di ricerca numero uno in Cina. Il colosso di Mountain View è uscito dal mercato cinese nel 2010 per reazione alla censura sui risultati della search, ma, secondo le indiscrezioni di stampa diffusesi dalla scorsa estate, sta progettando il rientro con un prodotto ad hoc che offre risultati “filtrati” in linea con i dettami di Pechino.

Continua però l’opposizione interna dei dipendenti di Google: in una lettera firmata da un gruppo di ingegneri del software e ricercatori si invita la società ad abbandonare i piani per sbarcare in un Paese che chiede di “censurare i risultati”. “Project Dragonfly”, dicono i dipendenti, “consentirebbe la sorveglianza statale in un momento in cui il governo cinese sta espandendo i controlli sulla popolazione”.

Il venture capitalist Jixun Foo ha parlato alla conferenza Cnbc East Tech West a Guangzhou, Cina. “C’è sempre la possibilità che Google rientri in Cina, il mercato è grande abbastanza”, ha affermato. “Tuttavia c’è un fattore regolatorio cui Google si deve adattare, anzi tutte le aziende straniere devono farlo“, ha aggiunto Foo. “C’è anche il fatto che occorre localizzare il servizio”, ha sottolineato ancora il managing partner di GGV.

Baidu, la cosiddetta Google cinese, è stato il primo investimento di Jixun Foo come venture capitalist. Secondo Foo è proprio la strategia “localizzata” ritagliata sulle esigenze dei consumatori cinesi il segreto del successo del motore di ricerca Made in China. “Ha offerto quello che i consumatori volevano. Se Google decide che vuole farlo, ecco il modo per rientrare in Cina”, ha indicato Foo.

Per il venture capitalist gli investitori statunitensi dovrebbero in generale cercare di capire il panorama tecnologico cinese e le sue peculiarità: secondo Foo non è corretto mettere a confronto i colossi Usa e quelli cinesi, come si fa, per esempio, con Alibaba e Amazon. “E’ facile essere portati a fare questo genere di paragoni, ma l’ecosistema e l’infrastruttura in Cina sono molto diversi. Alibaba sta diventando un fornitore di servizi finanziari. Dobbiamo cercare di capire com’è il mercato, che cosa chiede il consumatore e come il mercato si evolve. Queste aziende si evolvono con il mercato e perciò stanno diventando tutt’altra cosa rispetto ai loro omologhi Usa“, ha detto Foo.

Tuttavia se Google vuole tornare in Cina, è Baidu la rivale da battere: il gruppo cinese è oggi un colosso hitech che gestisce non solo il motore di ricerca più usato in Cina ma una serie di attività simili a quelle condotte da Mountain View, come lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale e software per la guida autonoma.

Ad agosto il sito The Intercept ha scritto che Google sta testando una versione mobile del suo motore di ricerca disegnata appositamente per la Cina: si tratterebbe di una app Android per la search allineata con i severi controlli sui contenuti online imposti da Pechino e dal nome in codice Dragonfly. Google sarebbe pronta al lancio a inizio 2019, dopo l’approvazione delle autorità cinesi. La app sviluppata a Mountain View sarebbe in grado di riconoscere e bloccare l’accesso ai siti che offrono informazioni bandite dal Great Firewall cinese, come quelle relative ai diritti umani, alla democrazia e alla religione. La notizia ha scatenato le proteste degli attivisti della libertà di espressione, di molti utenti di Internet, di diversi dipendenti di Google e dei politici americani.

Google ha finora frenato le indiscrezioni di stampa e affermato che per l’azienda è importante rientrare dal mercato cinese ma non è imminente il lancio di alcun prodotto di search. Lo stesso Ceo Sundar Pichai, rispondendo alle domande del personale in un all-hands meeting a Mountain View, ha spiegato il progetto Dragonfly è ancora “in fase esplorativa”.

Commentando le notizie secondo cui Google sarebbe pronta a rientrare sul mercato cinese della ricerca Internet e del cloud, il ceo di Baidu, Robin Li, ha detto di non temere rivali e ha dichiarato che, se le due aziende si troveranno a fronteggiarsi, Baidu “vincerà di nuovo”. “Le aziende cinesi hanno grandi capacità e sono sicure dei propri mezzi”, ha evidenziato Li: sono in grado di competere con le rivali occidentali non solo in Cina, ma su scala globale.

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