La rete unica è una soluzione pienamente giustificata nel contesto italiano: il nostro Paese rimane indietro nell’infrastrutturazione in fibra nelle aree bianche e grigie e la duplicazione della rete wholesale, con i due attori FiberCop e Open Fiber in campo, rallenta il roll-out e ritarda il raggiungimento degli obiettivi del Decennio digitale europeo e del Piano Italia a 1 Giga. Ma non è una fusione senza complessità: giuridiche, tecniche e regolatorie. La rete unica wholesale – di fatto un monopolio – esige una forte governance per evitare impatti sugli operatori retail e, quindi, sul mercato degli utenti finali, con l’effetto fortemente indesiderato di far salire i prezzi, colpire le telco e ritardare ulteriormente l’adozione. Il regolatore deve accendere un faro e, se necessario, intervenire modificando le regole attuali di mercato per creare le giuste tutele.
Questa la visione dell’economista Stefano da Empoli, presidente del think tank indipendente I-Com (Istituto per la competitività), intervistato da CorCom.
La questione della rete unica sta diventando particolarmente complessa, con il Governo che spinge sulla fusione FiberCop-Open Fiber per accelerare sulla digitalizzazione italiana, e l’azionista di FiberCop, Kkr, che frena e addirittura denuncia alla Commissione europea presunti aiuti di Stato verso Open Fiber. Chi ha ragione? La rete unica è la soluzione giusta?
Io sono uno strenuo difensore della concorrenza di mercato, ma qui bisogna guardare allo specifico settore – l’infrastruttura di rete – e agli obiettivi – quelli della copertura in fibra, della digitalizzazione italiana e della competitività del Paese. Di fronte a tali traguardi, che sono anche politici, e considerato che ormai le tecnologie di rete hanno un alto livello di standardizzazione, io credo che abbia senso una fusione delle reti all’ingrosso per evitare duplicazioni e anche contenziosi tra i due wholesaler concorrenti, che rischiano di frenare lo sviluppo digitale. Quindi sì, la rete unica è una soluzione giustificata se si vuole colmare il ritardo di copertura dell’Italia sulle aree bianche e grigie. La concorrenza duplice tra FiberCop e Open Fiber ha finito col rallentare il progresso.
Però c’è la denuncia all’Ue di Kkr.
La fusione è complessa per tanti elementi, sia giuridici che tecnici – ovvero, l’integrazione delle due reti. Sono elementi che troviamo in tutte le fusioni, che sono sempre operazioni complicate. Ma qui intervengono fattori ulteriori, come i finanziamenti pubblici su cui Kkr si è rivolta alla Commissione europea. Questo nodo è discriminante e va certamente risolto. Si può fare, ma occorre la disponibilità delle parti a trovare una soluzione, magari con una perizia indipendente. Ci sono anche gli interessi diversi dello Stato e di azionisti per così dire “ingombranti”, che – giustamente – vogliono tutelare gli ingenti investimenti fatti. Certamente la denuncia di Kkr pesa sul dossier e, senza una soluzione, non si uscirà dall’attuale impasse. Col rischio, tra l’altro, di focalizzare l’attenzione pubblica sulla fusione tra FiberCop e Open Fiber perdendo di vista gli obiettivi principali: la copertura in fibra e il take-up.
La creazione di Open Fiber è stata da alcuni criticata come interventismo statale. Considerato l’indebitamento della società e il mancato raggiungimento degli obiettivi sul roll-out della fibra nelle aree bianche, OpenFiber è un’operazione non riuscita?
Col senno di poi è facile criticare, ma, quando è stata creata Open Fiber, la rete Tlc era integrata nell’incumbent, ancora saldamente legato al rame, ed è stato un buon risultato creare una società della fibra. Ciò ha aiutato a portare alla luce il ruolo fondamentale della fibra ottica, la sua necessità per la digitalizzazione della società e la competitività del Paese. La stessa operazione FiberCop è arrivata perché già c’era Open Fiber e la separazione della rete non era più un tabù. La rete unica oggi sarebbe un vantaggio per il sistema-Paese.
Ci sono rischi nel ritorno a un monopolio infrastrutturale?
Non mi scandalizza che ci sia un monopolio nelle infrastrutture Tlc – lo abbiamo in altri settori, come la rete energetica e i trasporti. Ma occorrono una governance molto attenta e regole precise per evitare che il monopolista si avvantaggi della sua posizione di forza. La concorrenza si mantiene a valle, dove agiscono gli operatori Tlc, mentre nella rete wholesale si può pensare al monopolio, purché – ripeto – si accenda il faro del regolatore, eventualmente anche con un cambiamento nelle regole, in modo da ridurre rischio che il monopolista distorca e danneggi il mercato.
Come garantire la complementarità tra investimenti privati e fondi PNRR in un contesto di fusione infrastrutturale?
Non è facile conciliare investimenti pubblici e privati. L’ingresso dei privati nella rete Tlc è stato necessario e ora i loro interessi vanno tutelati, è ovvio. Io spero che le divergenze tra lo Stato e gli investitori privati possano essere superate, perché nel medio-lungo periodo ci guadagneranno entrambi: con un’infrastrutturazione più rapida in Italia la rete wholesale acquisterà di valore. Nel tempo si può creare un circolo virtuoso di digitalizzazione del Paese che può mettere d’accordo tutti. Non conosciamo i piani di exit dei fondi esteri coinvolti in FiberCop e Open Fiber, ma sicuramente non sono di breve periodo e quindi spero che prevalga l’ottica di lungo termine.
L’infrastrutturazione in fibra, però, non è tutto quando parliamo di obiettivi del Decennio Digitale: rimane il nodo dell’adozione.
Sì, siamo molto indietro sulla copertura aree remote, ma anche e soprattutto nell’adozione da parte di cittadini e imprese. Manca la domanda, non solo l’offerta: per questo è bene preoccuparsi anche della concorrenza a valle. Con un’eventuale fusione in una rete unica, i costi dell’accesso per gli operatori retail devono rimanere accessibili per non gravare sui prezzi per i consumatori. Io credo che sia anche nell’interesse dell’operatore wholesale favorire la domanda, ma non bastano le buone intenzioni: per questo dico che su questi temi va acceso il faro del regolatore.
Se non si chiarisce la governance della rete l’Italia rischia di restare indietro nel processo di digitalizzazione?
L’Italia ha compiuto grandi progressi sulla digitalizzazione soprattutto dopo il Covid, ma restiamo indietro, come si diceva, soprattutto sulla domanda, anche perché gli operatori non sono stati in grado di valorizzare l’offerta più pregiata e i consumatori non sono stati abituati a pagare la qualità adeguatamente. E non prevedo miglioramenti immediati, specialmente nel mercato consumer. La spinta ad acquistare è il rapporto qualità-prezzo conveniente e i consumatori, evidentemente, in molti casi non percepiscono tale convenienza. La governance della rete è importante e aiuterebbe a digitalizzare l’Italia.
Nel caso di una fusione FiberCop-OpenFiber, qual sarebbero gli impatti industriali per l’intero ecosistema Tlc?
Gli operatori si devono impegnare di più sulla valorizzazione della loro offerta, ma sicuramente una maggiore infrastrutturazione digitale del Paese sarebbe un vantaggio per tutto l’ecosistema. Per me il saldo tra pro e contro della rete unica è comunque positivo. Ma con una severa governance e una rinnovata attenzione al take-up.