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Antitrust, nuova stretta della Cina sui giganti del web. Richiamate all’ordine 25 società

Il ministro dell’Industria e IT inasprisce la vigilanza nel tech. Concovate anche Alibaba e Tencent. Le aziende dovranno effettuare ispezioni interne in linea con la campagna anti-illegalità online. L’autorità di vigilanza bancaria: favorire l’accesso al mercato per gli investitori stranieri

Pubblicato il 30 Lug 2021

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Ci sono anche Alibaba, Tencent e ByteDance (TikTok) fra le 25 società cinesi richiamate “all’ordine” dal governo di Pechino. Una nuova mossa nell’escalation del giro di vite della Cina sui colossi tecnologici nazionali, che preoccupano per il forte potere di mercato e l’accentramento di molteplici attività, e nel tentativo di frenare l’influenza dei giganti tra cui quelli quotati negli Stati
Uniti.

Le richieste del governo cinese

Pechino chiede alle società di “svolgere un esame approfondito” in termini di concorrenza, sicurezza dei dati personali e rispetto dei diritti degli utenti. Le misure vanno attuate “senza compromessi”.

Tra i convocati anche Didi (controlla il più grande servizio nel paese di automobili con autista), oggetto di un’indagine da inizio luglio sulla raccolta di dati privati, avviata dopo che la startup è stata ammessa a Wall Street, raccogliendo 3,7 miliardi di euro.

La super-multa ad Alibaba

Alibaba è stata la prima a subire una multa di 2,3 miliardi di euro per intralcio alla concorrenza. Da allora in Cina sono state inasprite le regole. Oggi, il massimo organo del Partito comunista ha insistito sulla necessità di “migliorare le normative”, secondo quanto riportato dalla tv nazionale Cctv.

L’anno scorso il governo ha imposto lo stop dell’offerta pubblica iniziale (Ipo) di 35 miliardi di dollari di Ant e ha varato nuove normative antitrust che disciplinano le aziende hitech. Pechino ha messo in particolare sotto i riflettori le società dei pagamenti e dei prestiti online, temendo un deterioramento nella qualità degli asset e un aumento delle insolvenze.

Misure per attirare investitori stranieri

La Cina cercherà inoltre di incontrare le aspettative degli investitori stranieri impegnandosi ad attuare politiche volte ad ampliare il loro accesso al mercato. Lo ha annunciato l’autorità di vigilanza bancaria e assicurativa cinese, la China Banking and Insurance regulatory commission (Cbirc), in un comunicato. “Continueremo ad attuare le misure pianificate volte a favorire gli investitori esteri – si legge nel documento – dal momento che quest’anno sono stati limitati da una serie di interventi normativi che hanno stravolto le norme aziendali, specialmente nei settori tecnologico, immobiliare e del tutoraggio privato”, ha reso noto la commissione.

L’”operazione legalità” del governo di Xi Jinping si rivolge anche al settore education, in particolare delle piattaforme di “tutoraggio” che hanno venduto le loro azioni dopo che Pechino ha annunciato di vietare l’insegnamento privato a scopo di lucro per “alleviare le pressioni finanziarie sulle famiglie”.

Il caso di Tencent

Per quanto riguarda Tencent il regolatore ne ha bloccato i piani per unire i siti di streaming di videogiochi, Huya e DouYu, per motivi antitrust. Tencent, con partecipazioni in società che producono Fortnite e League of Legends, è il secondo gruppo di videogiochi al mondo per fatturato dopo Sony. Nei giorni scorsi, l’Autorità di Stato per la regolamentazione del mercato ha ordinato al colosso del digitale di rinunciare ai diritti di streaming musicale con etichette discografiche tra cui Universal, Sony e Warner e bloccare anche due piattaforme affiliate per lo streaming di videogiochi, Huya e DouYu, dopo una multa da 500 mila yuan (circa 77 mila euro) per l’acquisizione delle app di intrattenimento musicale Kuwo e Kugou.

L’accordo sull’autodisciplina

Sul fronte tech sono 33 le aziende tecnologiche cinesi che hanno firmato collettivamente un accordo sull’autodisciplina antitrust a causa della crescente pressione normativa di Pechino. La Convenzione impedirà alle aziende tecnologiche di impegnarsi in diversi tipi di monopoli contro la concorrenza, una pratica comune nel settore dell’e-commerce per cui i commercianti spesso sono costretti a scegliere una sola piattaforma come canale di distribuzione esclusivo. Per tale questione, il gigante Alibaba, proprietario del quotidiano “South China Morning Post”, è stato multato di 18,2 miliardi di yuan (2,82 miliardi di dollari) lo scorso aprile per comportamenti monopolistici, mentre il gigante dei servizi online Meituan è ancora sotto inchiesta antitrust.

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