STRATEGIE

Bill Gates promuove Zuckerberg: “Ha imparato da me”

Le strategie del Ceo di Facebook col regolatore Usa e il suo “aplomb” nelle audizioni al Congresso sono state influenzate da un mentore di eccezione: il fondatore di Microsoft. Che dice: “Mi deve molto”

Pubblicato il 11 Set 2018

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Mark Zuckerberg mi deve molto”. Si è espresso così Bill Gates, il fondatore di Microsoft, commentando le strategie del Ceo di Facebook nei confronti del governo Usa e l’aplomb mantenuto nelle audizioni al Congresso dopo il caso Cambridge Analytica.

Gates, si legge in un articolo pubblicato dalla testata americana The New Yorker, ha fatto da mentore per il giovane fondatore di Facebook, travolto a inzio anno dallo scandalo del datagate. L’ex Ceo di Microsoft oggi dedito alle attività benefiche ha dato un prezioso consiglio a Zuck: non fare lo spavaldo a Washington D.C.

Gates parla dall’alto della propria esperienza: negli Anni ’90 è toccato a Microsoft finire sulla griglia dei parlamentari americani per questioni antitrust e lo schiacciante dominio di mercato del sistema operativo Windows. Gates ricorda sulle pagine del New Yorker di aver detto ai senatori: “L’industria del software per computer non ha nessun problema e quindi non c’è alcuna necessità di sistemarla”. Il risultato sono stati tre anni di dispute legali col dipartimento di Giustizia.

Di qui il monito al Ceo di Facebook: niente bravate e occhi aperti. Gates ha detto a Zuckerberg di aprire un ufficio a Washington “subito”. “Mark ha seguito il mio consiglio, mi deve un grosso favore”, ha affermato Gates.

Nelle testimonianze rese al Congresso Usa sulla condivisione di dati personali con la società di marketing politico Cambridge Analytica e la gestione della privacy degli utenti Zuckerberg ha in effetti tenuto un atteggiamento cauto, mentre le domande poco pertinenti di alcuni senatori poco informati sul funzionamento di Facebook e delle sue piattaforme, come WhatsApp, ha giocato a suo favore.

Questo non ha schermato Facebook dall’indagine federale: sul caso datagate indagano il dipartimento di Giustizia, la Federal trade commission, l’Fbi e la Sec, l’autorità di vigilanza sui mercati, come riportato dal Washington Post.

Il datagate ha inoltre inciso sulle prestazioni di Facebook: nel secondo trimestre i risultati del social network sono stati sotto le attese, con ricavi in crescita del del 42% a 13,23 miliardi di dollari, ma sotto il consenso per 13,36 miliardi, e utenti attivi pari a 1,47 miliardi (+11% annuo) contro le stime di 1,49 miliardi di unità. L’azienda paga non solo il danno di immagine ma soprattutto gli ingenti investimenti in tecnologie e personale per l’individuazione di notizie false e contenuti protetti da copyright e eliminazione di app cattura-dati.

L’azienda di Menlo Park spenderà 17 milioni di dollari nel 2018 per proteggere il Ceo e la sua famiglia da attacchi reali o cyber; nel 2017 ha speso “solo” 7 milioni, ma quest’anno pesano le contestazioni su privacy e fake news e i viaggi tra Usa e Europa per rispondere alle pressioni dei regolatori.

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