L'INCHIESTA

Facebook “sospende” 200 app cattura-dati

Primo frutto dell’indagine interna sulle applicazioni terze avviata a fine marzo dopo il datagate. L’azienda ha già passato al vaglio migliaia di app mobili ma avverte: lavoro gigantesco, serve tempo

Pubblicato il 14 Mag 2018

Patrizia Licata

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Facebook ha temporaneamente bandito circa 200 applicazioni mobili dalla sua piattaforma in quanto potrebbero essere non conformi alle regole sul trattamento dei dati personali: è il risultato della prima fase della revisione condotta dal social network sulle app terze dopo lo scandalo Cambridge Analytica. Le app in questione risultano per ora “sospese” e saranno attentamente valutate mentre la società di Mark Zuckerberg prosegue nell’indagine interna per chiarire se questi prodotti messi a punto dai partner rispondono alle norme sulla privacy o sono responsabili di abusi, come ha fatto sapere Ime Archibong, vice president of product partnerships di Facebook.

L’inchiesta avviata da Zuckerberg a fine marzo ha già portato Facebook a esaminare migliaia di app, riporta Reuters. Il Ceo ha garantito che i suoi team passeranno al vaglio tutte le applicazioni che hanno avuto accesso ad ampi volumi di dati degli utenti di Facebook prima che l’azienda riducesse le opportunità di accesso ai dati personali nel 2014. E’ solo l’inizio, ha chiarito Archibong: “C’è moltissimo lavoro da fare per portare alla luce tutte le app che potrebbero aver abusato dei dati personali degli utenti di Facebook, ci vorrà tempo”. Il top manager ha però assicurato che team di esperti interni e esterni stanno procedendo speditamente nello studio del funzionamento delle app. Proprio una app terza è stata l’origine del caso Cambridge Analytica, la società di marketing politico basato sui big data che nelle scorse settimane ha chiuso i battenti travolta dallo scandalo per poi risorgere sotto nuovo nome.

Facebook a sua volta ha annunciato la scorsa settimana una riorganizzazione in tre rami di business: un gruppo dedicato alle “family app” (Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger); una divisione che si occuperà delle nuove piattaforme, tra cui un’eventuale applicazione della blockchain; e una unit “central product services” che gestirà in maniera dedicata la pubblicità e la sicurezza. La riorganizzazione è stata voluta dal Ceo Mark Zuckerberg, desideroso di dare un segnale a chi lo accusa, nonostante le dichiarazioni d’intenti e i “mea culpa”, di non riuscire a imprimere una svolta alla gestione dei dati del social network.

Il datagate non ha tuttavia per ora arrecato alcun danno al business di Facebook: la trimestrale presentata ad aprile ha tutti gli indicatori in crescita, con fatturato a 11,97 miliardi di dollari (+49%), utili per azione a 1,69 dollari (+63%) e utenti a quota 2,2 miliardi; la pubblicità ha fruttato al social network 11,8 miliardi, rispetto a 7,86 miliardi dello stesso trimestre del 2017, ed è arrivata per il 91% dal mobile (contro l’85% dello stesso trimestre del 2017). “I nostri strumenti sono usati in modo positivo”, è stato il commento di Zuckerberg.

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