QUINTA GENERAZIONE MOBILE

5G: cos’è, funzionamento, stato dell’arte in Italia e nel mondo

Lo scenario tecnologico e economico in vista del nuovo standard mobile. La posizione di Italia e Europa rispetto alle più agguerrite Usa e Asia, i nodi da sciogliere, i vantaggi all’orizzonte. Ecco un quadro dei giochi in campo nella partita che promette un grande impatto su tutti i settori industriali

Pubblicato il 10 Mag 2018

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Il 5G è alle porte, in tutto il mondo. La prossima generazione di connessione mobile darà il via a una delle rivoluzioni tecnologiche più grandi del nostro tempo. Avrà effetti sulla vita quotidiana delle persone perché permetterà di connettere ad altissima velocità una moltitudine di dispositivi che finora erano solo “oggetti passivi” (dal frigorifero agli abiti): Gartner prevede che 20.8 miliardi di dispositivi saranno connessi a Internet entro il 2020. Oggi ce ne sono 6.4 miliardi. Ma il 5G avrà anche un formidabile impatto su tutti i settori industriali e di conseguenza sull’economia mondiale: si parla già del 5G come del “sistema nervoso della società digitale”. Si stima che entro il 2035 l’economia abilitata dal 5G varrà nel mondo 12 trilioni di dollari e per gli operatori si prevede una crescita dei ricavi del 36% entro il 2026. L’Europa la considera uno degli strumenti principali per riconquistare la perduta posizione di leadership tecnologica rispetto a Stati Uniti e Asia.

Ma cos’è e come funziona il 5G?

Intanto il nome: la “G” sta per “generation”, è la quinta generazione dello standard per la trasmissione dati attraverso una rete di telefonia mobile. Arriva dopo l’1G (il vecchio “Tacs”) in cui i segnali radio erano trasmessi in forma “analogica”, il 2G (il Gsm), il 3G (Umts) e il 4G (LTE, long term evolution, “evoluzione a lungo termine”). Ma a differenza delle altre generazioni il 5G non è solo una nuova “interfaccia radio” perché qui la rete da “fisica”, la rete diventa “virtuale. Il servizio in mobilità rivestirà una parte decisiva: dunque le reti wireless, integrate con le reti fisse in fibra, avranno un ruolo centrale.

Niente 5G senza frequenze, le “autostrade” dell’etere

Ma niente frequenze, niente festa, dicono gli esperti: le frequenze costituiscono una porzione indispensabile delle reti che utilizziamo ogni giorno per connetterci ad Internet. Mentre il 4G occupava le bande di frequenza “basse”, fino a 20 MHz, il 5G dovrà “appoggiarsi” su bande di frequenza fino a 6 GHz (spostano le informazioni a una velocità più alta). Serve dunque individuare e assegnare (in genere con aste) nuove frequenze agli operatori mobili. L’Europa, per esempio, ha identificato come “bande pioniere”, indispensabili per la nuova tecnologia, le fasce 3.4-3.8Ghz, i 24,5-27,5 Ghz, ma anche la 700 Mhz.

L’Italia è uno dei Paesi con il “panorama frequenziale” più controverso. Per questo l’ultimo governo ha messo mano al loro riordino e, in vista del 5G, ha stabilito con la legge di bilancio 2018di lanciare una gara     (incasso previsto di almeno 2,5 miliardi) per assegnare nuove frequenze agli operatori: su questo fronte il nostro Paese è a un buon punto, con un ok dell’Antitrust: operazioni che riscuotono il parere positivo dell’Europa.

Molta strada è ancora da fare: alcune parti dello spettro radio sono già occupate (la banda 700Mhz dalle Tv, per esempio) e la loro liberazione comporterà un lungo processo di “trasloco” e riorganizzazione dell’intero panorama “spettrale”.

Anche negli altri Paesi europei i governi sono, con tempistiche diverse, alle prese con le aste frequenze. Su questo fronte il dibattito sulle “architetture” delle gare è strategico perché implica lo spostamento di grandi risorse (la Francia ha incassato 2,5 mld con le frequenze 700 Mhz, incasso record anche in UK), in grado dunque di influenzare sia le strategie degli operatori sia quelle politico-economiche dei vari Paesi e della stessa Europa alle prese con processi di consolidamento e con uno scenario in grande divenire in vista del Digital Single Market.

Quando sarà disponibile il 5G in Italia e nel mondo?

Si prevede che il debutto mondiale del 5G sarà nel 2022. La corsa è partita e vede in gara in un testa a testa tra Usa e Asia. Negli Usa sono partite molteplici sperimentazioni e gli operatori puntano alto sul futuro standard mobile (vedi il maxi-accordo fra T-Mobile e Sprint), in Asia il 5G ha priorità per aziende cruciali del Paese nonostante la guerra commerciale con gli Usa (vanno lette in questo senso le dichiarazioni di Zte). Un po’ più indietro l’Europa che sconta una pluralità di interessi nazionali. Secondo Morgan Stanley le telco europee sono in forte ritardo su 5G perché pesano vincoli regolatori così come i vincoli, secondo la società di analisi Strand Consult, rischiano di strozzare l’innovazione. Un passo avanti la Corea del Sud.

L’Italia è stato il primo Paese ad avviare sperimentazioni, anticipando gli altri Paesi europei sull’Action Plan europeo che ha invitato gli Stati membri ad individuare entro il 2018 almeno una città dove avviare la sperimentazione del 5G. L’operazione è stata voluta dal Mise che ha messo a disposizione una serie di frequenze (che poi andranno all’asta) per test aperti, tramite bando, a Tlc, università, centri di ricerca, per le aree metropolitane di Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera.

I rischi e le sfide del 5G

Come per tutte le nuove tecnologie anche sul 5G esistono chiaroscuri: secondo Enisa potrebbero esserci rischi medio-alti cyber-attacchi sulle future reti mobili mentre, sul fronte della “messa a terra”, gli stakeholder chiedono una revisione delle regole italiane sui limiti elettromagnetici che rappresentano un freno alla realizzazione della futura rete, un parere condiviso anche dai regolatori. Ma il futuro scenario porrà anche nuove sfide dal momento che la rete da fisica diventerà virtuale e flessibile, definita da software, composta da slices definiti da algoritmi: e il nuovo fondamentale ruolo di slicer e orchestratore che nascerà, rischia di diventare appannaggio degli Over the top. Ma questo è un’altra partita.

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